L’allacciatore

Sotto il pergolato in bambù dove c’erano giusto un tavolino e due sedie si poteva osservare la stradina di campagna ed il rado passaggio di auto, era tutto aperto e questo dava un senso di sicurezza. Ero arrivato da poco ma qualcuno già aveva captato la nuova presenza, la quarta auto che vidi scorrere davanti ai miei occhi era una jeep. Stavolta però non proseguì sbirciando al volo chi ci fosse dentro la casa, entrò diretta sapendo dove parcheggiare. Era l’auto dell’allacciatore.

Era passato a salutare la famiglia, che fortuna averlo incontrato ! Scese dall’auto e mi chiese cosa stessi combinando, raccontai della spedizione in mare che avevo appena terminato e lui del suo viaggio. Disse che quella notte l’attività onirica era esplosa in maniera incontrollabile tanto che all’alba chiese al suo maestro di essere ricevuto per potergli raccontare della nottata. Quando si incontrarono non ci fu bisogno di spiegare, conosceva il suo sogno e lo lasciò andare. <Sai – mi disse – io la vedo così: siamo come delle patate elettricamente attive piantate sulla terra che trasmettono e ricevono energia ad alto potenziale>. Era tutto verissimo, non solo le parole, ma tutta quella situazione; un momento di verità che ricordo nitidamente.

<Sono necessarie diverse persone – continuò – una deve gestire la terra, un’altra deve portare dei soldi, un’altra ancora deve tracciare la rotta. Su una nave dopo il comandante sai chi ricopre il ruolo più importante ? Il cuoco, è lui il secondo a bordo. Se viene meno il comandante solo il cuoco sa come gestire le risorse e può valutare quanta autonomia di viaggio si ha a disposizione. Altrimenti tutto il resto dell’equipaggio morirebbe di fame>. I rayban scuri nascondevano uno sguardo attento, aveva queste cose da dirmi, forse da un po di tempo. Pensai.

Quando terminò lo ringraziammo tutti per la visita, doveva andare e così fece.