Le istruzioni erano chiare: ci avrebbero risvegliato nel giardino ma la responsabilità della cura sarebbe stata la nostra. Senza possibilità di ritorno, avremmo pagato una penale salatissima per il mancato rispetto degli accordi, saremmo stati privati del ricordo delle nostre origini. E proprio questo accadde, ere fa, quando alcuni dei nostri si risvegliarono in quella grotta con un fuoco acceso e stavolta esortati dalle ombre iniziarono a danzare nella penombra. Un vago sesto senso di gioia dovuto a quella forte sensazione di essere rinati.
Si, proprio così: non semplicemente venuti al mondo ma riapparsi in carne ed ossa per rivivere di nuovo quella magnifica avventura. Stavolta però senza alcuna memoria precostituita, senza alcuna vaga idea del come ci si fosse ritrovati in quel luogo, eccetto un vago ricordo di quella volta in cui il primo di noi scese dall’albero.
Completamente alla mercé di una innata capacità di apprendere e memorizzare siamo diventati abili artigiani della sinestesia. Qualcuno di noi si è perduto nelle immagini spazzatura create dall’errore accumulato nel tempo, causa diretta di quella salata penale. La libertà di poter far materializzare qualunque processo fisico ha spinto alcuni a credere che tutto possa trovare un posto nel pianeta per il solo fatto di averlo partorito dalla nostra mente. Così i popoli oggi lottano per ottenere ciò che di materiale possiede lo stato posto più in alto in una gerarchia dettata dal danaro, che non ha la ben che minima intenzione di mettere in discussione la rotta scelta.
Alcuni invece non hanno smesso di cercare altrove e dedicare qualche ora della giornata al sogno, così che riescono a far visita a quell’antenato ancestrale che fece il grande salto. E così sono loro che oggi continuano a danzare e dipingere sulle pareti. Esorcizzando il rigoroso esilio dal ricordo delle loro stesse origini, festeggiano sole e terra perchè instancabilmente lavorano riallineandoci al tempo perduto.