Punti_non_fissi

1) Meglio un pregiudizio che elimini a priori alcune possibili spiegazioni non immediatamente evidenti delle esperienze ma che assicurano di ottenere grazie al metodo scientifico un risultato artefatto il più verosimile possibile alla realtà e soprattutto accettabile dalla massa. In modo tale che il metodo scientifico risulti sempre efficace arrivando ad un risultato. Oppure meglio non avere alcun pregiudizio su tutto ciò che non è evidente o non è già stato dimostrato, aprendo così la possibilità a che il metodo scientifico stesso non venga riconosciuto dalla comunità. Se dovessi inscatolare tutte le possibilità che possono essere la spiegazione di un evento, nel secondo caso dovrei sistemare dei contenitori anche per quelle spiegazioni che attualmente risultano essere non comunemente accettabili o empiricamente dimostrabili. In questa maniera conserverei effettivamente una possibilità in più, sebbene non sia istantaneamente rilevante per il metodo scientifico, ma proiettabile in un futuro in cui nuove e diverse circostanze collegate alle precedenti cerchino una collocazione logica. 

Uno scettico approccio aprioristico non elimina dei risultati attuali ma percorsi futuri che potrebbero rappresentare le soluzioni innovative che si fatica sempre a trovare nelle circostanze storiche. Tanto è vero che un limite dell’attuale società è proprio l’eccessiva ricorrenza dell’applicazione di soluzioni vecchie a problemi attuali; ciò accade persino nella scienza che negli ultimi secoli ha compiuto inamovibili passi da gigante.

2) La seconda questione emerge dalle mie riflessioni come un tratto appartenente al linguaggio. Nella presa di coscienza della complessità, riconosciuta dalla mente umana direttamente o indirettamente mediante diversi strumenti, c’è un continuo sforzo nell’attraversare in maniera dialettica le questioni planetarie. Siano esse strettamente sociali, siano esse ambientali o ancora più genericamente culturali sembrano portare una intrinseca difficoltà esplicativa universale. Questo però altro non è che un problema di messa a fuoco che richiede una certa strategia prima di iniziare qualsivoglia dialogo in merito. 

Se è vero quindi che viviamo la complessità, quella nuvola di punti nella non riusciamo univocamente ad orientarci e che separa labirinticamente le strade di ogni individuo. Se è vero che siamo tutti consci di trovarci in una rete complessa di circostanze dovute ad avvenimenti, pensieri ed esseri viventi, allora occorre organizzarci prima di comunicare. Posto che ogni argomento ne collega un numero indefinito stabiliamo un numero massimo di implicazioni poi iniziamo a scambiarci idee. Stabiliamo sin dall’inizio quale sia la scala che vogliamo usare per parlarci, diciamoci subito che vogliamo affrontare il problema fino ad un livello e non oltre. Potrebbe essere un nuovo modo costruttivo per creare centri di dibattito omogenei.

A tutela di ciò viene in soccorso poi la logica rigorosa per cui ogni giudizio sulla scelta di scala è ben oltre il bene ed il male. Essa appartiene al pezzo relativo del pensiero umano e quindi non ha senso ragionarci su, a meno che non abbiamo tempo e voglia di involverci su noi stessi anzichè devolverci al mondo. E’ sempre la logica infine a ricordarci che l’unica scala assoluta pensabile è quella esterna a tutto, universo e uomo compreso.